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In molti hanno detto: " Non si può parlare della Vodice senza nominare il mitico Maresciallo Peres". Sono pochi ma ancora vivi nella mia memoria i ricordi di quest'uomo serio ma con un grande cuore. Rocciatore provetto, dicevano che era uno dei 7 draghi delle Dolomiti da lui amate ed esplorate in ogni cima o vallone. Grande esperto di esplosivi, spesso chiamato a rimuovere i residuati bellici della Grande Guerra. Un mattino lo vidi rientrare alla Vodice dopo una di queste bonifiche con un sacco di ferraglia (cosi la chiamava lui). Gettò a terra il sacco con noncuranza, entrò allo spaccio e con la sua mitica frase: ABEVERAGGIO MULI!! pagava da bere a tutti... e si doveva bere. La prima volta che lo vidi fu a Salorno con la mia squadra per la prova di lancio della bomba a mano a carica ridotta. Peres, di fianco alla postazione controllava e dava consigli. Tocca a mè... strappo la linguetta, lancio...niente! cilecca.. la bomba non esplode! adesso questo s'incazza, perchè, come vidi fare al C.A.R., doveva andare vicino alla granata inesplosa, posare una piccola carica di tritolo, allontanarsi e far saltare il tutto, lo guardo.. e lui: "Non è colpa tua ma di questi petardi del c..... Avanti un'altro..." Finita la serie di lanci penso: adesso ci farà vedere come far saltare quella inesplosa... "Aspettate qui!" e si avvia verso la zona di lancio, guarda per terra, la vede, alza il piede e con il tacco dei vibram la schiaccia ..POFF..."Tutto a posto andiamo". Quasi sempre fuori caserma per i corsi roccia e sci, o impegnato a comandare le squadre di lavoro, i pochi periodi che passava alla Vodice era spesso sottufficiale di ispezione. Una di queste sere, mentre stavo riordinando lo spaccio dopo la chiusura, sentii un rotolare metallico provenire dal cortile. Guardo fuori dalla finestra e vedo Peres che scende dal deposito carburanti prendendo a calci un'elmetto, si gira verso di mè e dice: "Neanche nella guerra del 15-18 gli Alpini portavano l'elmetto!!" e si avviò verso il corpo di guardia imprecando e inveendo contro chi aveva ordinato al malcapitato di guardia ai carburanti di portare quel disonorevole copricapo. Una domenica pomeriggio la Vodice era semideserta. Allo spaccio c'erano i soliti "quattro gatti" trà questi un congedante che sfoggiava il suo cappello con la lunga penna, ricoperto di spilline e ammenicoli vari. Entra Peres; Si avvicina al congedante e con una manata gli fa volare il prezioso cappello dalla testa..."Cosa hai fatto tu per meritarti questo!!?"... silenzio di tomba, il maresciallo mi guarda .."ABEVERAGGIO MULI!!". Lo scorso maggio al raduno di Sale Maresino chiesi al Gen. Pagano di scrivere qualcosa riguardo il Mitico Peres. Ecco la sua lettera: GIOVANNI PERES Correva l’anno 1964, ed alla caserma Vodice, un giorno arriva dalla Scuola del Genio (caserma ROSSI di ROMA – CECCHIGNOLA) un caporal maggiore avente la specialità di “idraulico” con il basco nero messo di traverso. Un volto quasi implume, naso rincagnato, andatura non spavalda, anzi quasi timida, forte accento friulano. La sua terra è Fagagna, come diceva lui stesso la patria dei “mussi“, in provincia di Udine vicino al più noto S.Daniele. Fu condotto dal Comandante di Compagnia che in quel tempo era il Cap. Paolo Feniello che gli li fa le solite domande di routine cui il militare risponde in modo molto conciso. Viene destinato al mio plotone che in quel periodo era impegnato in addestramento di II ciclo. Il Mar. URBINELLI, arcigno e scostante consegnatario dei materiali, lo rifornisce di equipaggiamento proprio del reparto alpino tra cui un cappello alpino per militari di truppa. Questo resisterà poco sulla testa del Peres che nel giro di quattro o cinque mesi sarà promosso sergente e quindi si fregerà di un cappello con bordi nastrati da sottufficiale. La memoria mi riporta in modo molto vivido al momento immediatamente successivo all’arrivo del cap.magg. Peres. Uno dei giorni dopo all’adunata per andare in quel di Col dei Bovi /Aica) per effettuare l’addestramento ad affrontare l’esplosioni di cariche ravvicinate. Aveva già cambiato aspetto: il cappello era stato leggermente modificato e cominciava ad avvicinarsi all’orecchio destro dandogli un atteggiamento da alpino da cartolina. Era l’inizio della sua trasformazione da bruco (naia da buffa) a crisalide farfalla (alpino pieno e convinto in tutti gli aspetti, anche quelli purtroppo deleteri). Mentre in marcia si procedeva verso l’area addestrativa non ero riuscito a comprendere pienamente i motivi di questa trasformazione poi in un lampo ho attribuito l’aria spavalda e sicura al cappello alpino che con fierezza aveva indosso mentre tutti noi avevamo il berretto. Durante una pausa dell’addestramento, mentre lo richiamavo a dare l’esempio e mettersi davanti, durante l’esplosione delle varie cariche di tritolo, via via sempre di quantità maggiore, e non defilarsi nelle ultime file, gli ho chiaramente chiesto i motivi della sua repentina trasformazione. Con il sua disarmante sorriso e la sua cadenza friulana mi ha risposto che gli faceva piacere che io lo avessi notato e che la sua massima aspirazione sarebbe stata quella di far parte della JULIA che per i friulani era il massimo traguardo. A quel tempo considerava ancora la TRIDENTINA una Brigata di serie B!! Ad avvenuta nomina a sergente egli fa un incontro che gli modificherà totalmente l’esistenza in bene ed in male: alla 92^ Cp. alp. del Btg. BOLZANO di stanza al terzo piano della VODICE prestava servizio il Serg. VIGLIENO, un anziano sottufficiale della Val d’Ossola, scapolo, tracotante, presuntuoso ed ignorante ma alpinista provetto ed esperto conoscitore delle tecniche d’arrampicata e di sci – alpinismo. Forte bevitore era quasi sempre alticcio al rientro alla sera e lo si sentiva urlare oscenità ed improperi nei confronti dei malcapitati alpini e genieri che si trovavano lungo il percorso. Il giovane Peres, soggiogato dall’aspetto e dal comportamento del Viglieno, si trova immediatamente in uno stato di profonda sudditanza emotiva e psicologica. Egli lo imita in tutte le sue manifestazioni esterne, negli atteggiamenti e nel modo di rapportarsi con il mondo esterno. Chiede ed ottiene di iniziare a frequentare i corsi sci e roccia. Ha successo e scopre il suo amore profondo per la montagna, le tradizioni ed i suoi aspetti anche e soprattutto quelle più difficili. La sua indole buona e generosa è travolta dalla compagnia nefasta del Serg. Viglieno che lo introduce oltre che all’apprendimento delle tecniche alpinistiche, anche, purtroppo a quelle delle serate in osterie ove per tenere alto il “cliché” dell’alpino robusto bevitore ebbe inizio la sua “scalata” verso l’etilismo, che sarà causa dei suoi guai. Non ha più rapporti con la famiglia, al punto tale che la madre, preoccupata per il silenzio del figlio, venne a trovarlo in caserma. Ci fu una gustosissima scena : lo spavaldo Sergente rincorso ad ombrellate da un donnino minuto ma iratissimo!!! Nonostante la perniciosa influenza del Viglieno,la sua indole generosa lo portava ad avere dei corretti ed efficaci rapporti con i militari di truppa ponendosi sempre in ogni modo dalla loro parte, prendendone le difese contro ogni ingiustizia. Vinta la sua paura e diffidenza nei confronti del materiale esplosivo, divenne un efficiente e perfetto caposquadra di nuclei impegnati nella costruzione di strade forestali ed interpoderali, in concorso con i consorzi creati dalla Provincia di Bolzano per l’attuazione della politica per tenere gli abitanti legati al territorio e premunirsi contro la selvaggia urbanizzazione che avrebbe snaturato la principale caratteristica dell’Alto Adige: l’agricoltura. Queste esperienze lo misero in contatto diretto con le difficoltà delle vita che allora le popolazioni di montagna erano costrette ad affrontare. Ci fu inizialmente un leggero cambiamento ma poiché era sostanzialmente solo non trovò la forza di reagire. Non cercò mai di farsi una famiglia ove trovare calore e conforto. Fece della caserma la sua casa ma essa ed i suoi componenti non erano in grado di soddisfarlo appieno e così il suo percorso verso l’alcol si fece sempre più veloce ed irreversibile. In questo periodo ha trovato molte persone che hanno approfittato del suo stato sfruttandolo cinicamente. Qualche volta mi è capitato di parlare con lui. Mi diceva che gli sarebbe piaciuto studiare filosofia per capire di più del mondo e della gente. Gli consigliai dei testi ma non ebbi l’opportunità di seguirlo perché i fatti della vita mi portarono lontano da lui e dal suo mondo. I corsi sci e di roccia (ora in qualità d’Istruttore) costituivano le sua vacanze. Viglieno, promosso al grado superiore non c’era più, ed allora egli si ritrovava a ciondolare solo da un locale all’altro ad attendere il mattino successivo che lo mettesse in contatto con gli altri e con la montagna, l’unica a mio parere, a non averlo mai tradito. Era diventato un insegnante rude , autorevole, sbrigativo nelle spiegazioni ma molto efficace.Tutti gli volevano bene poiché era un puro e di onestà diamantina: qualità che hanno affascinato! Non amava la macchina, al punto di non aver mai acquistato una vettura e di non avere neanche convertito la patente militare che gli era stata rilasciata alla Scuola del Genio. Per ironia della sorte è deceduto proprio in macchina a fianco di un collega che rimase illeso, a seguito di uno stupido incidente nei pressi di Varna. Essendo addormentato per ingestione di abbondante quantità di alcool, il contraccolpo gli spezzò il collo. L’ultima mia visione di Giovanni PERES è quella nella camera mortuaria dell’ospedale di Bressanone. Non aveva nemmeno un graffio, un grosso ematoma gli colorava la parte posteriore della nuca. Avrei immaginato, e forse anche lui, una fine più esaltante tra le sue montagne che aveva amato visceralmente: le Dolomiti. Aveva dimenticato la JULIA ed era diventato un noto ed indimenticabile personaggio della TRIDENTINA. RENATO PAGANO BOLZANO,13 luglio 2008 |